domenica 26 febbraio 2012

Ciao amici, eccomi con un breve saluto e per dirvi che sono pressocché gravemente influenzata. La febbre persiste da una settimana fra i 37,5 e i 38,7. Ora credo di avere la bronchite. Nelle stesse condizioni verte anche la condizione di mio marito. Siano in compagnia nei nostri tre gatti che sembrano non risentirne. A noi, invece,  sembra che non ci sia fine per quanto ne siamo sofferenti e anche insofferenti. Ho comprato le primule da mettere nel giardino, ma sono ancora qui sul balcone in attesa. In più, a peggiorare il morale, c'è sempre qualcuno che la fa franca e mistifica il risultato... e questo è ancor più deprimente e insopportabile con l'aggravante dell'indisposizione (mia) all'influenza e al personaggio in questione.
Comunque un abbraccio
Nou

sabato 18 febbraio 2012

Carnevale di Nou







Prima e dopo di un carnevale di qualche anno fa...bastano per tutti i carnevali!

Quest'anno non ho avuto tempo di andare a Venezia, peccato!

Ho visto delle bellissime maschere al Tg

martedì 14 febbraio 2012

San Valentino

 (immagine  web)
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Breve cronistoria con antefatto
Antefatto: ieri ho litigato con "Valentino" per via che non ci si capisce mai, neppure sulle stupidaggini.
Oggi, mi dice di guardare sulla home di google che c'è posta per me (con il sorrisetto ironico sotto i baffi).
Apro e trovo l'augurio di Buon San Valentino di Tony Benett, molto carino devo dire. Le sequenze si susseguono in vari tentativi di regalo e si concludono in  un felice salto alla corda sotto la stessa corda. Per noi è già molto se ognuno abbiamo la nostra, anche se ho apprezzato l'ironia del marito e il suo modo di chiedere scusa.
E' seguita l'uscita di casa del "Valentino" per farsi un giretto in oasi faunistica.
La Valentina, cioè io, è rimasta così perplessa: 
Però nel pomeriggio è arrivata la nipotina Marta che ha fatto un sonnellino pomeridiano in due riprese: la prima sul lettone da sola e la seconda fra le mie braccia completamente fiduciosa e rilassata. Il mio cuore allora ha cominciato a riempirsi di gioia e festeggiare.

da web
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Baci,baci,baci,baaaa!

Nou

giovedì 9 febbraio 2012

C'era una volta un abitato, oggi è rimasta una cartolina

Traghetto sul Po (Gnocca - Oca)


"La Parrocchia di Gnocca
(Sant'Andrea Apostolo)
Il Toponimo
Deriva dal ramo del Po di Gnocca.
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Cenni Storici
La chiesa fu edificata dal N.H. Tomè Mocenigo Soranzo, proprietario del fondo che dista dieci chilometri da Porto Tolle.
Sorse inizialmente come oratorio e venne inaugurata e benedetta nel 1737 e costituita curazia (succursale) dipendente dalla parrocchia di Donzella.
La Parrocchia
In seguito all'alluvione del 1966, diminuendo sempre più la popolazione, si decise di chiudere la chiesa l'8 settembre 1968.
Nel 1978 l'edificio e l'annesso campanile furono abbattuti poiché inagibili e pericolanti.
Quasi tutti gli arredi e gli oggetti sacri presenti nella chiesa sono andati perduti, compresa una tela del ‘700 raffiguranlte Sant'Andrea Apostolo, attribuita al Tiepolo."
fonte: http://www.parchideltapo.it/taglio.del.po/15.htm

* In origine la località Gnocca, sulla sponda sinistra del Po di Gnocca o della Donzella, si chiamò Cà Soranzo.
Nota: Ca' Soranzo: casa padronale con annesso magazzino, edificata sul finire del XVIII secolo per volontà dei nobili Mocenigo Soranzo. Due pigne in pietra d'Istria (successivamente trasportate all'interno) sormontavano i pilastri d'entrata; in pietra d'Istria sono anche mensola e barbacani del poggiolo su cui s'affaccia il balcone del salone al primo piano. È situata in località Gnocca.
(Fonte: www.investinpolesine.it/venezianita/pagine).


Arredo della chiesa salvato: Madonna col Bambino, Sant'Andrea e San Giovanni Evangelista



GIUSEPPE ANGELI Venezia 1712 - 1798 olio su tela, cm. 380 x 220 

Questo dipinto inedito di imponenti dimensioni costituisce un recupero di speciale importanza dal punto di visto storico-artistico. L’’’’opera si trovava ancora sul finire degli anni ’’’’40 del secolo scorso sull’’’’altare della chiesa parrocchiale della frazione di Gnocca di Porto Tolle, in provincia di Rovigo. Si tratta evidentemente di una pala monumentale di eletta fattura, da ricondurre senza dubbio alla stretta cerchia di Giovan Battista Piazzetta e in particolare a uno dei suoi allievi migliori e più celebri, Giuseppe Angeli. La tela, di assetto marcatamente verticale, segue una ritmo ascensionale spiraliforme che parte dalla figura inginocchiata sulla sinistra di San Giovanni Evangelista, cui fa riscontro sulla sponda opposta un filiforme e ascetico Sant’’’’Andrea orante, per culminare nel bellissimo gruppo centrale della Madonna assisa su un trono di nubi che tiene in piedi sulle ginocchia il Gesù Bambino benedicente, vero cardine della composizione. A rendere esplicita la funzione apotropaica che l’’’’opera era chiamata ad assolvere, nella posizione in basso al centro, sotto la figura di Sant’’’’Andrea patrono dei pescatori, è posta una scena di marcato realismo dove per l’’’’appunto due pescatori sono raffigurati su una barca intenti nella loro attività, che era poi la principale fonte di lavoro e di sussistenza nell’’’’area lagunare dov’’’’era situata la chiesa che ospitava il dipinto. A sostegno dell’’’’attribuzione all’’’’Angeli di quest’’’’opera eccezionale possono essere proposti raffronti assolutamente stringenti con alcuni capolavori del pittore, come la Madonna col Bambino e santi della chiesa di Santo Spirito a Cortona, Il beato Girolamo Miani in compagnia di orfanelli in preghiera sotto al crocifisso della chiesa veneziana dell’’’’Ospedaletto, la Vergine Immacolata e santi della chiesa dei Frari a Venezia, che consentono di collocare l’’’’esecuzione della nostra tela tra la fine del V e la fine del VI decennio del Settecento. Si ringrazia il Prof. Luciano Arcangeli per aver fornito l'attribuzione attraverso una comunicazione scritta, nella quale si segnala che anche il Prof. Giuseppe Pavanello concorda appieno nel riconoscere a Giuseppe Angeli la paternità dell'opera. Provenienza: Chiesa Parrocchiale di Sant’’’’Andrea, Gnocca di Porto Tolle (Rovigo) (da web: non riesco a risalire alla fonte).


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Di questo luogo e di questa chiesa mi è piaciuto raccontare qualche aneddoto occorso alla Bimba Nara.





[...]Nella primavera del 1953 Nara incomincia a frequentare la riva sinistra del Po, perché si deve preparare alla prima Comunione che avverrà nella chiesa parrocchiale di Sant'Andrea.
L’addetto al traghetto, “il passadore”, si chiama Guerrino.
Guerrino, a seconda del carico, imbarca sulla “monsa”, sulla “barcona” o sul “batlin”. E’ un esperto della traversata, conosce tutto ciò che la riguarda: le correnti, i venti, le precipitazioni.
Annusando l’aria a volte esclama: “Fa tempo da piova!”
E’ un barcaiolo le cui membra ben conoscono la forza del fiume, abituate come sono a governare le barche a remi giorno dopo giorno. Egli voga in piedi, alla veneta, a volte con un remo, a volte con due incrociati. Quando la superficie del Po è liscia, Guerrino suona il fiume con il suo “batlin” come un violino ed i remi come archetti, producendo note sommesse. Se il tempo è cattivo e le acque agitate, la musica cambia, ad essa si sovrappongono voci concitate, grida di paura che sono prontamente coperte dalla voce imperiosa dell’uomo che ordina: “Fermi, accucciati, od il vento ci travolgerà!” I ragazzi vengono così responsabilizzati ed indotti alla collaborazione. Diversi coetanei fanno la traversata con Nara, tutti raggiungono la chiesa dove avviene la preparazione al rito religioso.
Il parroco, un omone che mette paura per il suo autoritarismo, a volte tardava, perciò i bambini s’ingegnavano con giochi nel piazzale antistante la chiesa.
Nara predilige il gioco dei “cochi” che altro non sono che tondi sassolini. Il gioco prevede, da seduti a terra, dei lanci in aria di sassolini in sequenze preordinate. Prima che ricadano, si deve toccare con il palmo della mano il suolo e, nel contempo, razzolare i sassi a terra, quindi recuperare quelli in volo. I ragazzi più abili riescono, nella geometrie previste dalle regole e dalla fantasia, a giocare con entrambe le mani, indipendentemente. Spesso scommettono dieci lire di caramelline all’anice o di palline di vetro colorate, reperibili nella bottega presso la chiesa dove, peraltro, c’è il posto telefonico pubblico.
Quel telefono è pretesto di una lezione improvvisata da parte dell’ insegnante di Nara, un giorno  in cui si incontrano per caso.
L’insegnante dimostra un enorme interesse per l’utilizzo della linea telefonica e l’occasione sembra propizia per spiegare alla sua alunna il funzionamento. “E’ come – le disse – tu ti trovassi nella stanza accanto ed io volessi parlarti senza gridare; la voce arriverebbe attraverso la cornetta.”
Nara, con logica stringente, trova la cosa assolutamente assurda e persino ridicola, quella di parlare dentro una cornetta quando, con soli due passi, ci si può parlare di persona. Anzi, di più, comincia a diffidare del maestro che insiste sul prodigio della comunicazione a grandi distanze, per il quale riusciva a parlare con la famiglia lontana. Per la bambina è una cosa astrusa ed incomprensibile: tutto il suo mondo è racchiuso in un raggio di brevi distanze.
Il maestro si dimostra deluso di aver fallito la lezione, ed anche Nara ci rimane male, tanto da prendere  in antipatia quell’apparecchio incomprensibile che, ironia della sorte, si rivelerà, molti anni più tardi, strumento fondamentale del suo lavoro. Verrà assunta, infatti, presso un’azienda telefonica e per lunghi anni metterà in collegamento persone, non solo fra stanze, ma fra nazioni diverse.

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Sicuramente il maestro, per il quale Nara prova troppa soggezione e che insegna malvolentieri in quel posto, fuori dal mondo, dove non si riesce a far capire il progresso, non avrebbe mai potuto immaginare tale destino per la sua alunna.
Nara, totalmente ignara, non si cura né del telefono, né del maestro scontento. Le piace la sua vita che in quel momento prevede il suo rientro a casa, prima con la barca , poi con la sua bici rossa, che comincia ad essere ormai troppo piccola per lei.
La via di casa costeggia il Po che, durante i tramonti estivi, è vestito di calda luce dorata; squarciata qua e là, da istantanei guizzi argentati.
In quegli anni  il fiume era strapopolato di pesci; persino gli storioni risalivano la corrente, in determinati periodi.
Fra una pedalata e l’altra, l’orecchio attento di Nara, registra i suoni che accompagnano la sua corsa. Poteva essere lo splash di un pesce curioso che provava il brivido dell’aria; il cinguettio dei passeri che, a piccoli stormi, prendono il volo con il suo sopraggiungere; il volo planato delle rondini che, dalle sterpaglie della riva, sorvolano rasenti la strada sull’argine per poi calarsi lungo la scarpata, fino ai fossi presso le coltivazioni dove trovano cibo.
A volte, a rompere quest’armonia, giungeva il gregge accompagnato dall’abbaiare dei cani che si prodigano, presso le pecore, per aprire un varco alla bambina in bici.
Gaetano, il pastore, richiama le sue pecore per nome, oppure incita i cani a rincorrere quelle che perdono il branco. “Puoi passare, Nara! Senza temere!” – la rassicurava il pastore -.
Altre volte, Nara, percorreva quella strada canticchiando le canzonette in voga e che imparava per radio come: Marietta monta in gondola, Papaveri e papere, Casetta in Canadà.
I cantanti di quel tempo erano: Natalino Otto e Carla Boni, Nilla Pizzi, Il Duo Fasano, il Quartetto Cetra.

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La prima domenica di Giugno, che coincide con il Corpus Domini, è designata come giorno della Prima Comunione. Seguirà, solo due settimane più avanti, il sacramento della Cresima.
Durante il periodo di istruzione il gruppetto  impara le preghiere più comuni, il catechismo con i dieci comandamenti, i sette sacramenti, i sette vizi capitali, le quattro virtù cardinali e le tre teologali oltre ad alcune norme di diritto canonico. Tutto quanto sarebbe servito per riconoscere il bene dal male, i peccati di cui gli uomini macchiano la propria anima e saper confessarli. I peccati potevano essere veniali o mortali. Questa distinzione mette fortemente in crisi Nara che non sa mai decidersi della categoria dei suoi peccati. Certo se non santifica le feste comandate dal Signore sa riconoscere il peccato mortale, su questo non ha dubbi, come, del resto, su tutti gli altri comandamenti che implicano un’azione. Prova incertezza ed inquietudine nelle trasgressioni dei comandamenti che implicano la mente ed il cuore.
Don Ermenegildo è un omone troppo autoritario e mette paura a Nara, un po’ per la sua corpulenza, un po’ per la sua impazienza ed anche per la sua presunzione. L’ingombrante personalità del sacerdote è un elemento sfavorevole  per il carattere dubitoso  della bambina che  messa a faccia a faccia, nella prima confessione, non sa aprirgli il suo animo con fiducia. Rimane assorta nei suoi dubbi che si altalenano fra l’aver confessato tutto per benino e fra l’essere stata imprecisa: a questo riguardo si sente carica di responsabilità. Sembra che la precisione sia un elemento imprescindibile. L’esattezza del peccato ed il numero delle ricadute nello stesso, per il prete, è una questione di vita eterna o di morte perpetua.
Il giorno della Prima Comunione, Nara vive  ripercussioni funeste sul suo morale, causate dalla inflessibilità di don Ermenegildo che ha esercitato un vero e proprio terrorismo psicologico sul suo animo titubante. E se non si fosse spiegata bene? Sarebbe una sacrilega! Eppure si sente apposto con la sua coscienza!  Avrà la vita eterna o la morte perpetua?  Chi può mai risponderle: sono tutti indaffarati nei festeggiamenti!
 Il giorno della Prima Comunione Nara non si diverte per niente, vorrebbe cancellarlo dalla sua vita.

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La Cresima è un ricordo più lieto perché c’era il Vescovo vestito di bei colori, con la mitra ed il bastone dorati, con lo sguardo magnanimo, proprio come quello del Buon Pastore.
Don Ermenegildo stava ad un passo dal Vescovo, mogio mogio, sottomesso alla sua autorevolezza. Sembrava aver perso volume e consistenza.* * *
Tanta paura ha sempre provato Nara per quell’uomo che in nome del Signore offendeva tutti i suoi parrocchiani, soprattutto le ragazze che procreavano prima del matrimonio.  Le aveva insegnato che Dio parlava al popolo della Chiesa attraverso i suoi ministri  e che anche i sacerdoti erano dei ministri di Dio, così Nara credeva a tutto quello che lui diceva e riteneva giusto il suo inveire affinché si diventasse dei buoni cristiani, figli di Dio. Voleva assolutamente appartenere alla famiglia del Signore anche se lo sentiva un padre troppo oppressivo.
Il giorno di Pasqua si reca, con  suo padre, alla Messa solenne delle dieci. Il papà, come tanti altri uomini, non è un frequentatore abituale, va in chiesa solo nelle grandi festività. La chiesa è gremita e don Ermenegildo non perde occasione di scatenare innumerevoli invettive contro gli intervenuti.
- Comunisti, non dovreste varcare la soglia del tempio di Dio!- Uomini di poca fede, a che vi serve osannare il Signore solo a Pasqua ed a Natale? Statevene a casa! La vostra presenza, in questo giorno di Risurrezione è un insulto al Signore! E poi continuava con
- Farisei, sepolcri imbiancati! Con il vostro comportamento, ancor oggi, mettete Cristo in croce!
Finalmente la predica volge al termine fra il silenzio degli astanti. Qualcuno dissentì con cenni sconsolati del capo. Il celebrante andò all’altare, congiunse le mani in raccoglimento davanti al tabernacolo, poi si girò, aprì le braccia  e  -   Dominum vobiscum - disse rivolto ai fedeli. - Et cum spiritu tuo - si levò alta la voce dei presenti… Ad onor del vero, alcuni risposero al prete con un leggero sogghigno, - Nara se ne accorse - ma  il celebrante era lontano e continuando il rito - Oremus - pronunciò ricongiungendo le mani e rivolgendosi di nuovo al tabernacolo. Nello stesso preciso istante, il crocifisso ligneo, che dominava  il presbiterio dalla sommità del tabernacolo, si stacca, cadendo d’un colpo pesante e deciso sulla testa di don Ermenegildo, come se Gesù Crocifisso avesse voluto dirgli: - Mah! Come ti permetti, zuccone!
In seguito a quell’evento Nara comprese in modo chiaro e definitivo che don Ermenegildo e Gesù Cristo, erano due entità totalmente separate.


mercoledì 1 febbraio 2012



Berthe Morisot con un mazzo di violette
Ritratto di Edouard Manet

E. Manet