Mi interrogo spesso sul senso
delle parole e del loro vivere nelle menti attraverso il tempo. Le mie
“speculazioni” si riducono a molti perché seguiti da frammenti di
argomentazione ; a risposte ipotetiche.
Certo trovo confortante
pensare che le parole rimangano. Rimangono conservate nelle pagine scritte così
come le mie, quelle delle menti evolute per cultura e spirito speculativo
tendenti a comprendere i fenomeni della realtà. Restano per aiutarci a capire,
a riflettere e, in qualche modo, a metterci sulla strada dell’autocritica per
la comprensione di sé e del mondo con i fatti che in esso avvengono o sono
avvenuti.
Riporto qui un brano de “La vita della mente” di Hannah Arendt
(trad. di Giorgio Zanetti, Il Mulino 1987) che mi ha aperto una visuale sulla
vita della mente che si esprime attraverso il linguaggio.
“Nessun linguaggio possiede un
vocabolario già pronto per i bisogni dell’attività della mente: essi traggono
il loro lessico da parole che in origine
corrispondevano sia ad esperienze sensibili sia ad altre esperienze
della vita ordinaria.[…] Al pensiero senza immagini, astratto, la metafora
fornisce un’intuizione tratta dal mondo delle apparenze che è la pre-condizione
delle attività spirituali. Ciò riesce relativamente agevole finché il pensiero
si limita a rispondere alle esigenze del nostro bisogno di conoscere e capire
ciò che si dà nel mondo che appare, finché, insomma, si resta entro i confini
del ragionamento di senso comune: ciò di cui abbiamo bisogno per il pensare del
senso comune sono esempi con cui illustrare i nostri concetti; e si tratta di esempi adeguati poiché tali
concetti sono a loro volta ricavati dalle apparenze, -si tratta di mere
astrazioni. In tutt’altro modo stanno le cose se il bisogno della ragione
trascende i limiti del mondo dato, e ci sospinge nelle acque avventurose della
speculazione […]. A questo punto interviene la metafora. La metafora effettua
il metapherein - “trans-portare” – di un’autentica e in
apparenza impossibile metabasis eis allo
genos , il passaggio da uno stato esistenziale, quello del pensare, a un
altro, quello di apparenza tra le apparenze. Tutti i termini filosofici sono
metafore, analogie, per così dire, congelate, il cui significato autentico si
dischiude quando la parola sia riportata al contesto d’origine, certo presente
in modo vivido e intenso alla mente del primo filosofo che la impiegò. Allorché
Platone introdusse nel linguaggio filosofico le parole di tutti i giorni
“anima” e “idea” – connettendo un organo invisibile dell’uomo, l’anima, con qualcosa d’invisibile presente
nel mondo dell’invisibile, le idee –doveva tuttavia sentir risuonare in quelle
parole il loro uso nel linguaggio pre-filosofico, ordinario. Psyche è il “soffio vitale” esalato dal
morente, e idea, o eidos, è la sagoma
o il modellino che l’artigiano deve avere davanti agli occhi della mente prima
di iniziare la sua opera.”