Mercoledì 26 Ottobre 2016
Prima l’influenza e poi una
tosse da dissolvere. Da un mese circa, la situazione si è complicata. Mamma è
costantemente a letto,anche se guarita dall’influenza. Non se ne lamenta, da
mesi esprime il desiderio di non essere spostata dal materasso ad acqua,
massimo conforto alla sua infermità.
Da quando è stata contagiata,
mia sorella ed io, abbiamo intensificato la nostra presenza e non c’è giorno
che lei si ritrovi senza un familiare vicino. Da lunedì, alloggio in un
monolocale, vicino alla struttura , non potendo sostenere il viaggio in auto,
troppo faticoso, e poter passare molte più ore in sua compagnia. E’ quasi sempre assopita, ma nei momenti
vigili, voglio che sappia di non essere sola.
Lotta contro la tosse sempre
più flebilmente.
Non dipende dai bronchi. E’
una tosse cardiaca.
Il suo stato altalenava in
momenti di leggero miglioramento, nei quali riusciva a deglutire del cibo e,
data la sua tempra ancora resistente, non ci si aspettava che la resa fosse
così vicina.
Mi sentivo con i capelli in
disordine e per tutta la mattina ho provato a contattare un parrucchiere per
andarci fra le h12 e le h14. Nessun negozio rispose…
Poco dopo mezzogiorno, passai
in panificio per prendere un po’ di pane. La fornaia mi informò che in fondo
alla strada, a circa un chilometro , c’era un negozio di parrucchiere. Non
avevo ancora abbandonato l’idea e nello stesso tempo mi chiedevo come fare per
arrivarci con i miei piedi e la schiena doloranti.
Uscii con il sacchetto del
pane in mano e restai davanti al panificio ad osservare la via che molto più in
là incrociava una traversa, troppo in là per affrontarla a piedi.
Il cielo era grigio, l’aria
umida e ferma e mi sembrava di trovarmi fuori luogo, in una strada che di
reale, per me, aveva l’inaccessibilità della distanza…
Se qualcuno mi avesse dato un
passaggio per combinazione e, sempre per combinazione, fossi stata così
fortunata da trovare pronto un parrucchiere, avrei potuto essere in tempo e più
presentabile, dopo la pausa pranzo, al capezzale di mia mamma.
Mentre ero ancora li ferma e
pensavo a come tutto si era messo contro durante la mattinata, arrivò un
panettiere da in fondo alla via con il furgoncino da lavoro. Ne scese in casacca bianca e con aria indaffarata.
Dallo sportello nel retro prese un grande sacchetto di panini che gli caddero
tutti sull’asfalto. I panini erano lì sparpagliati e risaltavano sul manto nero
fumo dell’asfalto. Bloccarono il tempo necessario affinché io potessi chiedere
all’uomo se dovesse ritornare indietro per quella via? No, non ritornava! Con
la busta piena dei panini raccolti da terra, entrò nel negozio.
Meglio così!, alla fine pensai.
Meglio così che rischiare di ritornare da mamma in ritardo. Lasciandola poco
prima le avevo promesso che sarei ritornata prima del solito.
Mi piace pensare che mi abbia
aspettata per essere assieme nell’ultimo momento. E lo eravamo, insieme, mano
nella mano, mentre se ne andava con naturalezza, imprimendo al suo volto
un’espressione di sollievo.
Avevo molta paura di vederla
morire, presagendo che sarebbe stato così. Mi ha dimostrato che è molto più
difficile vivere di vecchiaia che morirne.
Non mi sarei mai perdonata di trovarmi dal
parrucchiere mentre lei ci lasciava! Anche se lei avrebbe capito e mi piace ricordarla
così, due anni prima nel giorno del suo centenario, mentre parla al telefono.